Qualche settimana fa, mentre ero in vivaio con alcuni clienti, sono rimasta sorpresa nel constatare che i giovani (ebbene sì, erano clienti giovani, o almeno più di me) non conoscono piante che un tempo facevano parte del corredo normale degli orti e campagne dei nostri nonni.
Davanti ad un nespolo comune, con tanto di frutti, si sono fermati stupiti domandandomi che cosa fosse.. e alla risposta "è un nespolo" mi hanno risposto.. ma no, il nespolo che ho io ha grandi foglie rugose e sempreverdi e i frutti sono diversi! Era evidente che si stessero riferendo al Nespolo del Giappone (Eryobotrya japonica) ormai talmente naturalizzato da aver soppiantato nella conoscenza comune quello nostro, europeo (Mespilus germanica) un tempo presente in tutte o quasi le case di campagna e di cui oggi non sono neppure più reperibili i frutti al supermercato.
Mespilus germanica |
A questo punto posso pensare che, insieme a lui, siano stati dimenticati i sorbi (Sorbus domestica), quelli commestibili, i cui frutti (o sorbe) si raccoglievano un mese prima di mangiarle e si lasciavano maturare fin quasi a Natale a causa del loro elevato contenuto in tannino, come del resto si faceva per le nespole. Sono piante che hanno contribuito a sfamare intere generazioni contadine, poichè faceva parte di quegli alberi da frutto non appetibili dai "signori" e quindi liberamente utilizzabili dalle classi povere. Allo stesso modo noto con dispiacere che è sempre più raro trovare alberi di cotogno, (nessuno di voi ha mai fatto merenda con una fetta di cotognata??) peraltro molto ornamentali e con una fioritura bellissima in primavera, per non parlare della scarsissima richiesta da parte di giardinieri e progettisti di piante di Giuggiolo (Ziziphus sativa), che io trovo semplicemente fantastiche solo per la forma contorta (ottime peraltro anche le giuggiole)
Frutto del Giuggiolo |
Forse è ancora diffuso il melograno, o quanto meno riconosciuto, non fosse altro che per i pomi inconfondibili che stanno maturando, ma in quanto a diffusione lascia anche questo un po' a desiderare..
Melograno |
Confesso che sono piante a me molto care e che inconsciamente associo all'autunno, quello campestre così ben descritto nei versi del Carducci della "nebbia agl'irti colli piovigginando sale..". Le associo al ricordo di mio padre, che trascorreva il suo tempo libero coltivando un pezzo di terra sperduto fra le colline marchigiane e che la sera rientrava con le tasche o un cesto pieno di fichi, noci, sorbe, nespole, mele, uva.. più raramente con qualche tordo da fare allo spiedo, dato che come cacciatore non era gran che.. ho spesso il sospetto che il fucile se lo portasse per "non si sa mai, chissà che non mi capiti una lepre tra il lusco e il brusco", dato che lo lasciava tutto il tempo scarico e appoggiato al tronco del noce, mentre lui si dava da fare nella vigna; mentre i cani, tutti rigorosamente meticci e trovatelli, e che in casa mia non sono mai mancati, gli servissero per compagnia anche quando andava a caccia, e molto meno per stanare selvaggina.
Sono tutte piante che associo ai profumi e alla luce dolce e malinconica dell'autunno, quell'autunno dorato, umido della bruma del crepuscolo, con i profumi della terra arata e dell'uva matura e che, forse perchè sono nata in settembre, è uno dei periodi dell'anno che preferisco.
In un momento in cui si fa un gran parlare di piante autoctone, di un ritorno alla natura, di produzioni biologiche e naturali, di trend di orti sui balconi cittadini e di prodotti naturali.. perchè stentiamo a riconoscere e non riscopriamo quello che faceva parte della nostra cultura?
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